Ho apprezzato la lettura di “Avevano spento anche la luna”; tratto da una storia vera. Si narra di una ragazza lituana, Lina; con una volontà sovraumana e un’adolescenza dettata dalla violenza, che stroncò il suo talento.
Venne deportata in un gulag staliniano all’età di 15 anni, insieme alla madre e al
fratello minore. Durante i giorni in treno fece la conoscenza di un ragazzo,
Andrius, del quale si innamorò perdutamente. Siccome trascorreva la sua vita in
un campo di lavoro non poteva esercitare la sua grande passione, il suo grande
talento: il disegno. Il dolore e la sofferenza furono molto alleviati da un
piccolo regalo da parte di Andrius: una pietra raccolta al loro arrivo nel
campo. Tempo dopo i due forno separati; poiché Lina e suo fratello vennero
trasferiti lontano da quel campo, lontano da Andrius. Per anni, Lina conservò a lungo la pietra, oggetto cruciale, continuando
a sperare di poter rivedere un giorno il suo amato Andrius. La ragazza non si
fece abbattere, nelle lunghe notti fredde stringeva la pietra, liscia e ghiacciata,
continuando a sperare; come fosse un talismano, da adorare. Unico punto di
riferimento, ormai, nella sua giovane età, nella sua ingenuità, fu quella
pietra, a darle un sostentamento morale, nel quale rivedeva le carezze della
madre e i baci dati di sfuggita ad Andrius. Le sue preghiere vennero ascoltate.
Il campo venne finalmente liberato e riuscì a ritrovare il suo amato Andrius,
che anni dopo sposò.
Copertina di "Avevano spento anche la luna" di Ruta Sepertys |
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